RITRATTI_L'albero degli dei Paroldo altra Langa


L' albero degli dei

I cimiteri sono da sempre luoghi di rispetto e pace, dove spesso si cristallizzano eterei pensieri e silenti dialoghi. Quelli dei paesini collinari e montani, minuti e raccolti, sembrano ancor più profusi di quella dimensione, dove anche i lenti passi di una persona coronano suoni nel silenzio.

Chiunque si sia trovato a transitare per Paroldo, lungo la S.P. 54 che collega Ceva alla panoramica SP 661 oppure sulla comunale verso le frazioni Baricchi, Viora e limitrofe, ha probabilmente rallentato l’andatura e posato per qualche istante lo sguardo sul grande albero che troneggia appena entro le cinta del cimitero, sul lato orientale.

Maestoso, elegante, esso sfoggia la sua silhouette innalzandosi verso il cielo, con una circonferenza basale superiore ai quattro metri e mezzo. La sua chioma è dinamica, di un’armoniosa scompigliatezza.

Non è l’unico albero presente nel cimitero, ma a me piace pensarlo come il guardiano di quel luogo e della sua pace senza tempo. E, a dire il vero, ha una compagna, al lato opposto della cinta, di altrettanta elegante statura ma di poco inferiore.

Non c’è giorno dell’anno in cui non sia degno d’uno sguardo, tuttavia dopo abbondanti nevicate invernali diviene quasi una surreale apparizione: completamente imbiancato, di tanto in tanto dai suoi alti rami si staccano piccole slavine di neve che si lasciano cadere a terra seguite da leggere e candide nuvolette.

Nei giorni di vento, invece, diventa un enorme strumento musicale e si fa interprete di quel soffio oscillando e suonando melodie che toccano l’anima.

Ma è anche un albero di smisurata generosità, che culmina quando offre la sua salda struttura agli scoiattoli. Ed è bello sbirciarli mentre col loro tipico fare giocoso corrono su e giù lungo il suo tronco, per poi deviare su questo o quel ramo e, con acrobazie mozzafiato, lanciarsi da uno all’altro di essi.

Vi siete mai chiesti però di che albero si tratta?

Vi lascio lo spazio di un paio di righe, per darvi il tempo di poterci pensare su.

Cedro Deodara e campanile
Siete giunti a un verdetto?   Il mio rispettato e rispettabile amico è un Cedro dell’Himalaya. Dai suoi habitat d’origine – l’Himalaya appunto – fu introdotto in Europa a partire dagli anni Venti del 1800. Il suo nome scientifico Cedrus deodara riconduce alla parola della lingua sanscrita devadar che significa “albero degli dei”. In alcuni Paesi è considerato un albero sacro. In India, ad esempio, si utilizza per la costruzione di templi, oggetti sacri e statuette delle divinità. Ma non tutto è stato svelato. Restano almeno tre domande:
  • Quando fu piantato?
  • Quale motivo fu alla base della scelta – che si sposa a pieno titolo col luogo in cui vive – di optare per questo tipo di albero piuttosto che per un altro?
  • E, soprattutto, chi fu la persona a cui dobbiamo attribuirne la paternità?
Nell’attesa di poter trovare risposta a queste curiosità, io continuo a osservarlo con rispetto e simpatia, come si guarda a un amico, ma anche – lasciatemelo dire – con un po’ di affetto e complicità.

Ritratto scritto per Lena da Paolo Castellino