RITRATTI_L'amica_onnipresente - Paroldo altra Langa


L’amica onnipresente

Oggi vorrei parlarvi di un’amica che incontro spesso, un’amica elegante e a dir poco silenziosa.

Stando all’anagrafe la si direbbe assai anziana, tuttavia, ogni volta che la vedo, non posso che accorgermi di quanto sia giovanile. Si veste di colori che le donano molto e completano ogni volta l’armonia di quel che la circonda: dal grigio caldo al beige, passando per tinte cream e rossicce, senza farsi mancare una larga varietà di tinte intermedie.

Di lei difficile non apprezzare il carattere dolce e malleabile, così come le sue fattezze perlopiù armoniosamente stondate. In contrapposizione al concetto segmentato di interruzione tipico di ciò che è ricco di spigoli, ella porta avanti l’immagine curvilinea femminile, connotato universale dei lineamenti delle colline delle Langhe e sinonimo di continuità.

Per la foga di raccontare, cari miei, ho però scordato di dirvi che l’amica in questione si chiama Pietra di Langa. E il suo nome è spesso arricchito da una “R” cerchiata che ne contraddistingue caratteristiche esclusive.

Figlia del Golfo Padano

Nacque molti anni or sono, nel periodo del Miocene (qualcosa come da cinque a ventitré milioni di anni fa). I genitori furono dei finissimi granelli di sabbia risalenti a quando le Langhe erano occupate da un antico mare detto Golfo Padano.

Da sempre grande amica delle genti di Langa, ha saputo contraccambiare il loro amore rendendosi utile in svariate maniere, dalla necessità di ergere le proprie dimore, i ciabot dispersi nei campi per offrire ricovero e riparo, i muri di contenimento per strade nonché quelli dei terrazzamenti atti a rendere coltivabili terreni in forte pendenza. Ma non solo, nei secoli si è anche prestata per l’eleganza del diletto, offrendosi quale materia prima per meravigliose sculture. Altrettanto presente è stata nell’assecondare il desiderio di edificare chiesette campestri, edicole e piloni votivi, da sempre scrigni di speranze per innumerevoli generazioni che si sono talvolta trovate alla mercé di epidemie, malattie, lutti, dolori e guerre, oltre agli abituali stenti spesso dettati dalle ristrettezze che la sussistenza rurale comportava.

Ho incontrato spesso questa amica, così come accade tutt’ora.

L’ho incontrata rinnovata in meravigliose abitazioni, frutto di accurate ristrutturazioni, nonché in case di nuova realizzazione operata nel pieno rispetto dell’architettura locale e dell’armonia paesaggistica.

L’ho incontrata e ammirata in bella mostra in stupende opere nate per mano di sapienti artisti scalpellini.

L’ho incontrata purtroppo anche in vesti tristi, come qualche giorno fa, quando l’ho vista con le sembianze d’un muretto a secco spanciare desolata ai bordi di un’antica e dimenticata strada da carri. Mi sono fermata, l’ho osservata e ho avvertito la pesante sensazione di quando la resistenza della speranza cede il passo all’abbandono della solitudine.

Quanti decenni avrà resistito alla pressione del terreno e delle piogge nella speranza di veder tornare il lento incedere delle antiche genti, i cui sguardi celavano una fibra e una forza di vivere d’una determinatezza inscalfibile?

Quanti decenni avrà atteso credendo un dì di rivedere una coppia di buoi trainare un carro colmo di fieno odoroso o di covoni dorati? O con sopra qualche ragazzino seduto gambe penzoloni?

Quanto avrà sofferto domandandosi dove fossero fini tutti?

E ora, nel magico solstizio d’estate, sono qui nella storica borgata dei Cavallini, seduta spalla a spalla con la mia amica – vestita da muro d’una abitazione – che mi trasmette il dolce tepore immagazzinato durante il giorno.

Guardiamo assopite i rondoni che saettano e sibilano nell’aria tra i colori del crepuscolo e ci godiamo il senso di libertà che trasmettono.

Una riflessione mi sovviene: il presente non ha valore senza il passato, e il passato non ha continuità senza il presente. E la mia amica di ciò penso sia la bandiera, con la sua meravigliosa attitudine a rinnovarsi costantemente nel fluire del tempo.

Ritratto scritto per Lena da Paolo Castellino

La borgata cavallini